Lo sapevate che...?
 

"Rossa donn' angilu”     di Salvo Troina 

Ai primi anni del secolo scorso, Angelo Grasso era un puparo molto famoso, aveva l’abitudine di esagerare in maniera sproporzionata le azione dei suoi paladini, sicchè il pubblico spesso lo richiamava: “Rossa donn’Angilu”.
Da allora la frase è diventata di uso comune per “richiamare” una persona che esagera nello “spararle grosse”. 


Tomaia e tegola
      di Salvo Troina

Guardando il palazzo municipale di piazza Duomo, detto anche Palazzo degli Elefanti, si vedono nel lato sinistro due incisioni: una tomaia e una tegola.
Questi sono delle unità di misura del '700 siciliano.
Infatti la tomaia era l’unità di misura per le pelli e la tegola per le stoffe, in modo che la gente potesse controllare la reale misura della merce acquistata. Accanto alle incisione vi è una targhetta, infatti è grazie all’archeoclub Catania, che a seguito di studi, ha portato alla luce le incisioni che erano state coperte da una cassetta della posta. 


"Siculorum Gymnasium”
     di Francesco Moncada

L'università di Catania, fondata il 10 ottobre 1434 , subito si guadagnò il soprannome di "Atene Sicula", ebbe il riconoscimento ecclesiastico dal Papa Eugenio IV , con il titolo "Ad Instar Studii Bononiensis", acquisì privilegi e funzionò come l'Università di Bologna , per le facoltà di Medicina e Giurisprudenza. Ebbe il titolo di "Siciliae Studium Generale" o " Siculorum Gymnasium". Torquato Tasso (1575) nel suo rifacimento della "Gerusalemme Liberata"canta : "CATANEA , OVE IL SAPERE ALBERGO".(canto II). 


La Caponatina
     
di Salvo Troina

Il pesce “lampuga”, conosciuto in Sicilia col nome di “Capone”, è un pesce dalla carne pregiata ma piuttosto asciutta, che veniva servito nelle tavole dell'aristocrazia condito con la salsa agrodolce tipica della caponata.
Il popolo, non potendo permettersi il costoso pesce, lo sostituì con le economiche melanzane.
Ed è questa la ricetta giunta fino a noi “La caponatina”.


La Cassata
      di Francesco Moncada

Il geografo musulmano Mohamed Ibn Tinmah, nel "LIBRO DI ROGGERO" (1.154 d.c.), descrive un dolce di ricotta la"Quas'at" cioè la CASSATA e poi anche quei "fili di pasta" fatti di farina impastata, chiamati ITRYA,cioè i "vermicelli". Dunque tra il periodo descritto, 1.154, e quello in cui Marco Polo viene indicato come "importatore" dalla Cina degli spaghetti, siamo stati in "vantaggio" di alcuni centinaia di anni!


La Meridiana
       
di Francesco Moncada

I romani fecero conoscenza con l'orologio solare" Meridiana" chiamata in quel tempo "Elitropio" nel 263 a.c.. Il console Valerio Messala, conquistata Catania, rimase colpito dalla novità e dalla sua utilità, tanto che ordinò di trasportarla a Roma. Le Meridiane, ignote ai romani, esistevano già dal IV secolo in Sicilia! Lo storico greco Plutarco lo testimonia nella"Vita di Dione,29". 


A potta di jaci   
 di Salvo Troina

Durante il periodo borbonico la via Etnea era lunga circa settecento metri, partiva dalla porta Uzeda e terminava nell'attuale Piazza Stesicoro popolarmente chiamata “a porta di Jaci”, perché li’ terminava la via Etnea e c’erano le mura cittadine, e la porta per cui passava chi doveva andare verso Acireale. 


Frutta martorana      
 
di Salvo Troina

Il nome della frutta di Martorana o frutta Martorana vide la luce quando nel 1193 circa, la nobildonna Eloisa Martorana fece costruire a Palermo un monastero benedettino accanto alla chiesa ed al convento, e così in suo onore, sia il complesso edilizio che i dolci preparati dalle monache (nell’aspetto frutti d'ogni tipo) assunsero il nome "della Martorana".
La frutta martorana a volte viene chiamata pasta reale perché l’impasto cosi’ dolce è degno di un re. 


"Ti si mangiata na cona”
      
di Salvo Troina

Nella tradizione del Natale in Sicilia ci sono le Novene. Canti narrativi, che eseguiti per le 9 sere che precedono il Natale narrano le vicende della natività.
Musicanti occasionali suonano davanti a icone sacre addobbate con frutta, alloro, asparago e dolci.
La frase “ti mangiasti na cona” deriva dal fatto che i bambini di nascosto mangiavano i frutti e i dolci in cui la cona (l’icona) era addobbata. 


I “Masculini”
     
di Salvo Troina

I “masculini”, cosi’ si chiamano le alici in siciliano, per via della loro proverbiale astuzia.
In dialetto “mascolina” è un’azione scaltra.
La pesca viene effettuata con l’uso di una rete molto sottile.
Le alici adulte, non riescono ad attraversare gli stretti intrecci delle maglie, rimanendone impigliate per la testa e dissanguandosi nel tentativo di liberarsi, da qui l’appellativo di Masculini da magghia.
Al mercato di Catania di piazza Pardo (a piscaria), è il pesce più comune, ma allo stesso tempo più ricercato. Le ricette sono illimitate, dai contorni, ai primi e ai secondi. Sono la venerazione dei catanesi. Ma anche l’ammirazione dei palermitani.


Le sarde a “beccafico”
         di Salvo Troina

Le sarde a “beccafico” è una della tante ricette tramandateci dai domestici delle cucine baronali siciliane.
Infatti, questo piatto nasce come succedaneo di un piatto prelibato nel quale, gli ingredienti erano degli uccelletti, i “beccafichi”.
Le sarde a beccafico sono, appunto, una modifica delpiatto nobile.
L’origine del nome sta nel fatto, che le sarde a beccafico, una volta servite sul piatto assumevano le sembianze dei beccafico, infatti quest’ultimi venivano sistemati nei piatti con le piume della coda rivolte all’insu’.


I Candelabri di Piazza Università.
          di Salvo Troina

A Catania, in piazza Università, ci sono quattro artistici candelabri in bronzo che ricordano quattro leggende:

La leggenda narrata da Virgilio, narra di due fratelli catanesi, Anfinomo e Anapia, che salvarono i genitori paralitici da una eruzione etnea, caricandoseli sulle spalle. Non è improbabile che a questa leggenda si sia rifatto Virgilio nell'episodio di Enea che fugge dall' incendio di Troia con il padre Anchise sulle spalle.

La leggenda del paladino catanese Uzeda, che sebbene figlio di povera gente, divenne cavaliere e sposò la figlia del re.

La leggenda di Gammazita (in dialetto "zita" vuol dire fidanzata; ed a quei tempi, in particolare, equivaleva a promessa sposa) che è la storia della giovane virtuosa catanese, che preferì buttarsi in un pozzo, anziché cedere alle voglie di un soldataccio francese.

La leggenda di Colapesce, che narra la storia di un certo Nicola soprannominato appunto Colapesce per la sua abilità di muoversi in acqua.
Allora il re di Sicilia e ed imperatore Federico II decise di metterlo alla prova gettando in mare prima una coppa, poi la sua corona e dopo un anello. Colapesce i primi due oggetti li recuperò, il terzo no, perchè aveva visto che la Sicilia posava su 3 colone delle quali una corrosa, ed aveva deciso di restare sott'acqua per sorreggere la colonna ed evitare che l'isola sprofondasse, e ancora oggi si trova a reggere la Sicilia.


A Fera o Luni.         di Salvino Comis.

Certamente tutti, quando si parla di Fer'oluni per associazione di idea pensiamo subito al luogo dove giornalmente si svolge il mercato, il quale mercato si svolge nella piazza antistante alla Chiesa del Carmelo ed al cosidetto Distretto Militare. Contemporaneamente pensiamo che a Fer'oluni altro non è che la traduzione dialettale della Fiera del Lunedì (a fera o luni).
Così non è, perchè questo termine ha origini antichissimi, si pensa risalga addirittura al popolo dei Sumèri, il quale popolo dalla Mesopotamia si spinse fino alla Sicilia ed a Catania, e proprio dove oggi ci sono la Chiesa ed il Distretto, eresse un tempio in onore del Dio che veneravano e che si chiamava "Dio Luno", questo Dio era un gigante il quale aveva come simbolo ed arma una Ascia Bipenne(particolare questo importante). Col passare del tempo e con l'avvento dei Romani, questi trovarano in quel luogo il tempio o parte di esso che chiamarono "Forum Luni". Di tutto questo, ce ne dà testimonianza il "nostro" Archeologo Ignazio Paternò Castello, il quale durante gli scavi effettuati proprio dove ora sorgono la Chiesa ed il Distretto Militare, ritrovò delle enormi Asce in pietra ed in pietra e legno(cioè il simbolo del Dio Luno), questi reperti sono custoditi dallo stesso Archeologo. Da quì la sequenza appare chiara e cioè: Tempio del Dio Luno, Forum Luni, A Fera o Luni.