La Conciliazione Extragiudiziale

Il nostro amico Salvatore Freni, allievo negli anni 63-65, ci trasmette questo interessante e utile questionario intitolato "La conciliazione extragiudiziale: dieci quesiti per conoscerla", ove, attraverso dieci quesiti appositamente formulati ci presenta alcuni aspetti fondamentali di questo istituto che dal 20 marzo 2011 ci coinvolgerà tutti.

 

       La conciliazione extragiudiziale: dieci quesiti per conoscerla.

 

1.  D: Una recente norma obbliga le parti in lite ad esperire una conciliazione extragiudiziale prima di adire, eventualmente, l’autorità giudiziaria, se la materia del contendere riguarda alcune materie. Quali sono le materie interessate ed in che cosa consiste tale tentativo?

R: L’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 fa obbligo del tentativo di conciliazione extragiudiziale per le controversie insorte in una delle seguenti materie: di condomino, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Ma leggi e regolamenti di data anteriore a quella del D.Lgs. 28/2010 sanciscono l’obbligo di tentare un esperimento di conciliazione prima d’iniziare un giudizio, in caso di fallimento del tentativo stesso, riguardo: cause agrarie (art. 46 della legge 3-5-1982, n. 203), controversie di lavoro (D.L.vi 31-3-1998, n. 80;  29-10-1998, n. 387 e 30-3-2001, n. 165) e liti che nascono in quelle società commerciali o enti che nel loro statuto hanno previsto, in caso di controversia, prima di adire l’Autorità giudiziaria, l’esperimento di conciliazione; a ciò faceva precetto l’art. 40, comma 6 del D.Lgs 17-1-2003, n. 5: oggi esso è ribadito dall’art. 5, comma 5 del D.Lgs 28/2010: inoltre una serie di regolamenti estendono lo stesso obbligo per svariate materie, che qui non si elencano per amore di sintesi.

Il tentativo di conciliazione in esame consiste nel fare incontrare i contendenti di una controversia, i quali, con l’intervento di un terzo neutrale a ciò specializzato (detto conciliatore o mediatore), ricercano la soluzione della disputa più soddisfacente per tutti i litiganti. 

 

2.  D: Che cosa accade se s’ inizia un giudizio relativo ad una controversia per la cui materia è previsto l’obbligo del tentativo di conciliazione prima di adire il giudice senza che esso sia esperito?

R: Se non è esperita la conciliazione, quando essa è obbligatoria, ciò determina l’improcedibilità del giudizio. la quale (improcedibilità) può essere eccepita dalla parte convenuta, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice ove accerti che la conciliazione non è stata tentata, oppure è iniziata, ma non si è conclusa, rinvia la causa ad una data successiva ai quattro mesi ed assegna un termine di 15 giorni alle parti per iniziare (o proseguire) la conciliazione (art. 5 D.Lgs. 28/10)

 

3.   D: La possibilità di esperire il tentativo di conciliazione extragiudiziale è consentita soltanto nelle materie per le quali esso obbligatorio o vi si può accedere anche nelle altre?

R: Possono accedere alla conciliazione extragiudiziale tutti coloro i quali hanno una lite civile o commerciale vertente su diritti disponibili in atto o potenziale (art. 2, comma 1, D.Lgs. 28/10).

 

4.  D: Chi è il conciliatore (o mediatore) specializzato?

R: L’art. 1, comma 1, lett. b, del decreto legislativo 4-3-2010 lo definisce: “la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo.

Il conciliatore ha l’obbligo dell’imparzialità e della riservatezza. Agli stessi obblighi e divieti devono sottostare i suoi ausiliari.

Il primo di tali obblighi gli impedisce di assumere diritti ed obblighi direttamente o indirettamente connessi con l’affare nel quale è stato conciliatore, ad eccezione di quelli strettamente inerenti allo stesso (affare); gli è fatto divieto di percepire compensi direttamente dalle parti; inoltre egli deve: a) sottoscrivere una dichiarazione d’imparzialità per ogni affare per il quale è designato (quale conciliatore), b) informare immediatamente l’organismo di conciliazione e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio alla sua imparzialità.

Il secondo lo obbliga a non riferire al di fuori del luogo in cui si svolge il tentativo di conciliazione  quanto viene detto durante lo stesso (tentativo); ciò vale anche per tutti coloro che sono presenti all’esperimento. Inoltre il conciliatore non potrà riferire alle altre parti quanto apprende da una di esse durante una sessione separata con questa, a meno che la stessa (parte) non lo autorizzi espressamente a farne menzione. Infine, quanto viene detto in quella sede non potrà essere usato neanche nel processo che si dovesse eventualmente iniziare o proseguire, nell’ipotesi di fallimento del tentativo di conciliazione, per risolvere la stessa controversia.

Il conciliatore deve formulare proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative a conclusione del tentativo, se le parti non trovano autonomamante una soluzione della lite o, in ogni momento dell’esperimento, quando le parti gliene fanno richiesta.

Egli può essere sostituito su istanza di parte, se ne ricorrono i motivi.

 

5.  D: Se il conciliatore non ha competenze tecniche nella materia della conciliazione affidatagli come può gestirla?

R: La preparazione di base del conciliatore è ininfluente, ai fini del tentativo di conciliazione, in quanto egli, nel caso in cui la controversia trattata richiede specifiche competenze tecniche, può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali.

 

6.  D: Quali sono i costi di un tentativo di conciliazione?

R: La procedura costa, a ciascuna parte, € 30, per “spese di avvio”, non dovute in caso di domanda congiunta; da un minimo di € 40, se il valore della controversia non è superiore ad € 1.000, ad un massimo di €  10.000, se il valore della controversia eccede gli € 5.000.000, per “spese di conciliazione”, (cfr. art. 3 e Tab. “A” D.M. 23-7-2004, n. 223). Le spese di conciliazione possono essere maggiorate di non più del 25%, nel caso di successo della conciliazione o ridotte nel caso in cui la conciliazione è condizione di procedibilità (in giudizio); inoltre, tutti gli atti della conciliazione sono esenti da spese ed imposte: soltanto il verbale di accordo non è esente dall’imposta di registro superati gli € 50.000 di valore della controversia.  Per le maggiorazioni, le riduzioni ed i benefici fiscali si rimanda all’art. 17 del D.Lgs. n. 28/2010.

Inoltre, L’art. 20 del D.Lgs appena citato dispone che alle parti che corrispondono l’indennità agli organismi di conciliazione (pubblici o privati), è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino ad un massimo di euro cinquecento. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto alla metà.

 

7.  D: Quali sono i tempi di un tentativo di conciliazione?

R: Un procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi (art. 6, comma 1, D.Lgs. 28/10).

 

8.  D: Se fallisce il tentativo di conciliazione, vi possono essere delle conseguenze, per le par ti, nell’eventuale giudizio in seguito iniziato. In caso affermativo, quali?

R: L’unica conseguenza possibile riguarda la parte che eventualmente non ha aderito alla proposta del conciliatore, se questa coincide con la decisione del giudice; infatti, una caratteristica importante della procedura di conciliazione consiste nella condanna alle spese processuali (nel caso che, fallita la conciliazione, si ricorra al giudice) del contendente vittorioso in giudizio, il quale non aveva accettato la proposta del conciliatore, nel caso in cui questa corrisponde al giudicato.

 

 

9.  D: Durante il tentativo di conciliazione, è necessario che le parti siano tutte fisicamente presenti nel luogo ove esso si svolge, personalmente o per mezzo dei loro rappresentanti, come in giudizio?

R: L’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 4-3-2010, n. 28 così recita: “La mediazione può svolgersi secondo  modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo [presso il quale si svolge l’esperimento di conciliazione].” Ciò significa che è consentito svolgere un tentativo di conciliazione c.d. “a distanza”. Tale procedimento è denominato O.D.R. dall’acronimo delle parole inglesi On line Dispute Resolution.

 
10. D: Per  l’esperimento di conciliazione le parti devono essere necessariamente assistite da un avvocato o  altro           professionista?

R: Durante il tentativo di conciliazione, le parti non necessitano obbligatoriamente del difensore. Se lo desiderano, esse possono presenziarvi da sole: di contro non è inibita a queste (parti) la possibilità di presentarsi all’esperimento con l’assistenza di un avvocato.
 

 

A cura di Salvatore Freni

1° liceo, A. s. 1963/64.

Convitto Nazionale “Mario Cutelli” - Catania