TESTAMENTO di Mario Cutelli

  I L    T E S T A M E N T O  

 

Nell’intraprendere la descrizione del Testamento del Conte M. Cutelli, bisogna cominciare col dire che il Conte aveva redatto le Sue prime volontà testamentarie innanzi al Notaio Luca Tudisco di Tusa il 25/Aprile del 1653, e nel Giugno dello stesso anno 1653 dettò le Sue ultime volontà. 

Successivamente e precisamente il 28 Agosto 1654 (pubblicato il 17 settembre 1654), il Conte  con un nuovo Testamento redatto presso il Notaio Giovanni Antonio Chiarella in Palermo, annullò le precedenti disposizioni del Giugno 1653, richiamò con valore di “codicilli” le disposizioni contenute nel testamento del 25/Aprile e ne aggiunse di altre.

Ricordiamo che i Figli del Conte Mario Cutelli furono: Giuseppe, Ferrante, Alessandro, Atonia Cristina, e Felice.

Cercheremo qui di seguito di riportare le Sue ultime volontà.

Innanzitutto, il Conte, comincia col precisare che non riconosce disposizioni precedenti a quelle attuali, tranne quelle contenute nell’Atto del Notaio Tudisco che debbano intendersi come “codicilli” all’interno dell’attuale Testamento, e che si osservino “nel modo che elencherò di seguito”:

 

-Primieramente io testatore hora et sempre raccomando la mia anima all’Altissimo Giesù Cristo...;

-Item voglio che il mio cadavero sia sepolto nel convento di San Francesco di Paula di questa città

  (Palermo), dove è la balata che sono sepolti li miei figli et l’altra mia moglie…….;

-Si diano bastiti di baetta a tutti homini e donne attualmente al mio servizio……...;

-Il giorno del mio transito, si dichiano mille messe alli altari privilegiati, o ad altri altari………….;

-Lasso una cappellina perpetua di una messa al giorno per l’anima mia, nella chiesa di S. Anna….;

-Lascio un legato di onze 10 l’anno per il maritaggio di una figlia dei miei vassalli d’Alimusa…...;

-Lasso a don Pietro Cotto, mio creato scudi 100, per…………;

-Lascio a Giuseppe Gonzales, un letto ……………………….;

-Lasso a donna Catherina Tamaio, un vestito di mia moglie….;

-Lasso a Dorothea, sua creata onze 8 semel tantum.

-Lasso alli dui scavi Mohametto et Regabbi, la libertà………..;

-Lasso a maestro Nicolao Bua, mio compare, un letto……….;

-Revoco tutti i legati e qualsivoglia scrittura fatta fino ad oggi e voglio che i sopradetti legati si 

  paghino con li frutti delli miei beni senza che nulla venga alienato per il pagamento dei sopradetti

  legati.

-Lascio per tutori,protettori,padroni,attori,fattori, pro tempore curatori dei miei figli, don Giovanni

 Agliata e Pietro Gaudioso con salario di 50 onze per ognuno, e Francesco Lo Faso mio particolare

 amico, senza salario perché non ne ha bisogno, fino all’età di 25 anni come per legge……..;

-Lascio alla signora contessa mia moglie, se volesse allevare i suoi figli 600 scudi l’anno, e 6000

  scudi che se li piglia “di quelli effetti che Lei vuole” cioè denari o altro; però passando a seconde

  nozze revoco detto legato e voglio che i miei figli si allevino al seminario sotto la cura di detti

  tutori con alimenti et servitù necessari, mentre a detta signora(cioè la moglie), si diano

  puntualmente le sue doti ed in più 4000 scudi per rientrare in Spagna dalla madre e non per altro,

  ed in più se non si sposa 100 scudi l’anno “per i suoi petitti”.

  Inoltre, non sposandosi, i miei figli non potranno contrarre matrimonio senza il suo assenso,

  perché in caso contrario le do facoltà di spogliarli dei loro averi per concederla ad altro

  obbediente, salvaguardando però i successori del disobbediente.

-Lascio a mia figlia, soro Atonia Cristina, monaca nel monastero della Abbatia Nuova……….;

-Lascio ad altra figlia, soro Felice, monaca nel monastero di Santa Chiara in Catania……….. ed in

  più tutti quelli renditi in casi et censi che mi diede il quondam don Bartolomeo Cutelli mio zio e

  tutto questo però in vita, perché da morta potrà godere soltanto…….;

-Alli detti di Agliata e Gaudioso do libera facoltà di derimere le mie controversie con don Giacomo

  La Dulcetta, Francesco Cavallaro e con li Bonaiuti, ma in maniera rigida…..;

-Lasso alli eredi di don Cataldo Fimia………;

-Lasso alli eredi di Giovanbattista Legnetti, mercante raguseo,…….;

-Lasso alli eredi del signor Ottavio di Aragona……..;

-Lasso a don Giambattista Allico, mio confessore, un vestito di baetta et onze 11, semel tantum, per

 dirimi tanti missi quante si potrà;

 

Esauriti tutti i lasciti, il Conte passa alla forma di succedere in tutti i suoi beni per i familiari, esplicitando in maniera più chiara la sua volontà :

-Torno a confermare la “primogenitura”, la quale istituisco in tutti i miei beni feudali che ho

  comprato sub verbo regio, con facoltà di fare vincoli et excludire a cui voglio, volendo che

  succeda sempre uno solo masculo di masculi miei discendenti in infinitum, “senza che mai ci

  possa trasire  “fimina”. Tali primogenitura mascolina delli beni feudali voglio che sia perpetua,

 discensiva, preferendo sempre il più strittu masculo dell’ultimo moriente et il nipute al zio,

  includendo representazioni nelli masculi trasversali sina undi sia necessario affinché succeda lo

  masculo della linea ingessa più proxima et poi della linea più convicina allo ingressu et sic

  deinceps  imperpetuum et infinituum; et in mancamento delli miei discendenti masculi chiamo a

 don Francesco Cutelli et Abbatelli, mio neputi, et li soi discendenti masculi di masculi con

  l’exclusione delle femine; et in mancamento della sua linea si facci quell’opera pia che io ho

  disposto in detto testamento seu codicillo di Tusa (si riferisce qui al progetto di fondare a

  Catania, sul modello Salamanchino,  un collegio per la formazione culturale e professionale dei

   nobili).

-Prohibisco ogni alienazione per qualsivoglia causa pensata e non pensata nelli liggi; et cui

  intentasse di alienare una minima cosa si intenda exhereditato, passando i beni immediatamente ad

  altro successore masculo, senza ricorrere a giudici, poiché io ci li dugnu hora per tanto e tanto per

  hora.

-Alli mei discendenti fimini, exclusi in detta forma, in caso che elegano monacarsi ci lascio la dote

  necessaria et onze 18 vitalizii sopra li frutti delli beni; et quelli che si vorranno maritari ci lascio

  scudi 6000 sopra li frutti delli stessi beni di pagarsi 2000 al tempo del sposalizio et li altri 4000

  infra il termine di anni tre contando dal giorno dello sposalizio; et si non si ponno maritari con pari

  loro, si maritano come meglio possano et questa è la mia volontà.

 

La successione ha da cominare in questa forma:

-Chiamo primo li discendenti masculi primogeniti di Gioseppe Cutelli et Cicala, barone della Valle

  dell’Ulmo, con la infrascritta previa condizione et non altrimenti, che la sua persona, mentre

  campa, sia sempre exclusa né possa delli mei beni haverni quanto un finocchio, né per titulo di

  legittima e lo escludo inoltre dai beni che gli ho donato per il suo contratto matrimoniale, per i

  seguenti motivi: 1) per avermi amminazzato una volta che lo volse correggere; 2) perché nella mia

  casa ha svergognato tutti li mei zitelli et ingravidato ad una; 3) perché mi è stato in tutto opposto et

  contrario e non mi ha obbedito nella minor cosa; 4) perché avendo mio sogero don Leonardo

  Grandi disposto che doppo la sua morte io divenissi suo usufruttuario, lui disobbedendo si prese

  tutto ed io per non fare ridere lo mundo non ci ho litigato e mi sono dovuto accontentare di una

  miseria; 5) perché per salvaguardare la mia onorabilità avendo aggiustato  l’atto con don Girolamo

  La Rocca suo procuratore, non lo volle ratificare per farmi dispetto e perché così gli conveniva;

  6) perché conservò amicizia a don Giacomo Sammaniati mio acerrimo nemico, addirittura

  sovvenzionandolo; 7) perché mentre mi trovavo a Catania, entrò in casa mia, usò violenza alla mia

  servitù, impossessandosi di tutto quello che potè; 8) perché ha pagato corrieri per dare avviso della

  mia morte.

  Non osservando questa disposizione e questa exclusione, voglio che anche i suoi discendenti

  vengano exclusi; così come voglio che si chieda ciò che devo avere ad Antonino Cicala.

  Alla moglie di Giuseppe oltre ai beni donati di Cifaliana e Mandra Nova, lascio 100 onze l’anno

  sempre che si attenga alle disposizioni date, viceversa il presente legato viene revocato ipso iure.         

  A queste condizioni, chiamo alla successione i discendenti di detto Giuseppe formando la prima

  linea mascolina fino a che lui morirà, affinché tutti i figli sappino come si trattano i padri.

-Instituisco in secondo loco e di oggi innanzi, mio erede universale ed in detta primogenitura, a

 Ferrante Cutelli, figlio secondogenito, affinché durante la vita di detto Giuseppe goda dei frutti et

  in caso che esso lascerà discendenti masculi sii erede il primogenito; però morendo Giuseppe e

  non lasciando discendenti masculi, resti erede; ma in caso che lasci discendenti masculi detto

  Giuseppe e fossero eredi, vadano li beni a detti discendenti masculi; da adesso però a Ferrante

  lascio la metà dei  miei beni allodiali (cioè beni e terre possedute in piena proprietà) che possiedo e

 che possiederò.

-Inoltre voglio che i frutti della mia eredità , sino a che i miei eredi non compiano i venticinque anni

 servano per acquistare beni feudali e stabili cioè terreni e non rendite.

-Voglio che a Ferrante gli si concedano altre 200 onze in più all’anno di rendita……….;

-Chiamo e nomino mio erede universale e coerede di detto Ferrante ed erede particolare l’altro mio

  figlio Alessandro e voglio che gli succeda, se sopravviverà, e li suoi successori masculi nel modo e

  con le stesse proibizioni in mancanza delle dette due linee chiamate una dopo l’altra di Giuseppe e

  Ferrante; e se non succederà gli lascio l’altra metà dei miei beni in Catania, e l’altra metà dei beni

  allodiali ed in più 120 onze delli beni comprandi……………………………………….;

-Visto che le mia eccellentissima zia principessa di Malvagno, mi donò il feudo ed il titolo di Villa

  Calata Rosata, desidero che in detto feudo e titolo succeda il detto Giuseppe, sempre che non abbia

  l’ardire di intromettersi all’altra mia roba né di entrare nella mia casa.

-Riaffermo e dichiaro miei eredi universali i miei figli Ferrante ed Alessandro sempre con le

 condizioni già espresse, revoco in questa parte l’altro testamento e riaffermo questo; riaffermo che

 quello agli atti di Tudisco si osservi come codicillo, cancello ed annullo la scelta dell’erede

 universale fatta in detto testamento del Tudisco, volendo che questo si intendi come mio

 testamento.         

-Ripeto per più chiarezza, che mia moglie che era erede scritta nel detto testamento del Tudisco non

  lo sia, ma siano eredi li detti miei due figli Ferrante ed Alessandro; che lei abbia quanto già

  descritto………….;

-Lascio a soro Giuseppa……..; lascio a soro Cristina……..;

-E’ questo lo mio testamento et ultima volontà, quali voglia che valga per ragione di testamento; ed

  in caso che non valesse, valga per ragione di codicillo; ed in caso non valesse, valga per ragione di

  donazione causa mortis; ed in caso non valesse, valga per ogni miglio modo che potesse de iure

  valere e non altrimenti né in altro modo.

  Firmato Mario Cutelli

  Testi presenti:

Ego Utriusqe Iuris Doctor don Carolus Formatura.

Ego sacerdos don Andrea Pignagrandi.

Ego Petrus de Martino.

Ego Nicolaus Bua.

Ego sacerdos don Leonardo de Grandi.

Ego Ioseph Maida.

Ego don Ioseph Gonsales et Bruno.

Ego notarius Ioannes Antonius Chiarella de Panormo.

Die vigesimo octavo mensis augusti millesimo sexcentesimo quinquagesimo quarto.

 

Ex Allievi Filippo/Michele.